Pacinotti a Cagliari

Vita e invenzioni di Antonio Pacinotti e il suo legame con la città di Cagliari.

L’immagine, ispirata da un disegno dell’epoca, mostra Antonio Pacinotti nel suo laboratorio nell’Università di Cagliari intento nella costruzione della macchina con sopra-eccitatore. Sullo sfondo si notano la macchina a gomitolo e la Torre dell’Elefante. Disegno realizzato da L. Garau.

Nascita e formazione

Antonio Pacinotti nacque a Pisa il 17 giugno 1841 dalla contessa Caterina Catanti e da Luigi Pacinotti, professore di Fisica tecnologica all’Università di Pisa. La nascita avvenne in una delle stanze del gabinetto di Fisica tecnologica di quello stesso edificio in cui visse e dove morì nel 1912.
In questo ambiente universitario, ricco di stimoli e fermenti culturali, compì la sua prima formazione e ben presto si accostò allo studio delle materie tecniche e scientifiche qui insegnate. A 15 anni fu ammesso agli studi di Matematiche Pure e Applicate dell’Università di Pisa ed ebbe come insegnanti suo padre, stimatissimo professore, e fisici di rilievo come Ottaviano Fabrizio Mossotti, Enrico Betti e Riccardo Felici. Mostrò sin dai primi anni universitari una forte predisposizione scientifica e si avvicinò allo studio dei fenomeni elettrici e delle loro leggi anche grazie allo studio del “Trattato di elettricità” del professor De La Rive.

I sogni giovanili e le prime prove

Nel 1858, all’età di 17 anni, Antonio Pacinotti cominciò ad annotare su dei quaderni, i quinternucci, una serie di progetti di macchine elettro-magnetiche. In testa ai quaderni decise di scrivere la parola “Sogni” perché gli sembravano allora solo idee e impressioni, annotazioni di un entusiasta – come avrebbe detto egli stesso – che sognava.
Il passaggio dai “Sogni” alle prove avvenne con l’esperimento che descrisse nel libretto dei Sogni il 10 gennaio del 1859, la rotazione degli anelli, messo in pratica nell’Istituto di Fisica tecnologica.

Da “Antonio Pacinotti (La vita e l’Opera)”, Tavola XXVII, estratto dal secondo quinternuccio dei “Sogni”.

La macchina a corrente continua

La prima realizzazione della macchina ad anello di Pacinotti risale al 1860, quando nel Gabinetto del padre, con l’aiuto del meccanico Giuseppe Poggiali costruì la prima versione registrata nell’inventario con il numero 640. Così egli stesso scrisse:

“La macchina magneto-elettrica, della quale le prime idee si trovano qui sopra registrate, è stata da me costruita in un piccolo modellino. […] Questa macchina ha una sola elettro-calamita fissa; agisce bene assai come macchina magneto-elettrica, giacché dà corrente continua sempre in un senso e molto intensa”.

Appena diciannovenne, Antonio Pacinotti inventò così una macchina dall’eccezionale valore che, se ampliata nelle dimensioni, avrebbe potuto essere applicata all’industria.
Forse per modestia, per ingenuità giovanile o per uno spirito autocritico troppo severo, Pacinotti non considerò terminata la sua invenzione e volle invece continuare le ricerche e il perfezionamento, senza aggiudicarsi il brevetto. Solo nel 1865 pubblicò nella rivista “Il Nuovo Cimento” la descrizione completa della macchina.

Esemplare originale della macchinetta o dinamo di Antonio Pacinotti (1860).

Il brevetto mancato

La pubblicazione dell’invenzione su il “Nuovo Cimento” in realtà non destò grande scalpore e, a parte una certa considerazione nel mondo scientifico, il settore industriale non si mostrò interessato. Malgrado la delusione Pacinotti continuò le sue ricerche.
Intanto, per incarico di Carlo Matteucci, Ministro del Regno d’Italia, soggiornò a Parigi dove fu ricevuto dal Direttore delle Officine Froment al quale diede una copia della sua pubblicazione. Qui conobbe anche il capo-officina belga Zénobe Gramme che, in seguito, appropriandosi del progetto di Antonio Pacinotti, lo brevettò e nel 1871 iniziò la fabbricazione della propria macchina ad anello. Inoltre, nello stesso anno il prof. Jamin pubblicò sui Comptes rendus dell’Accademia delle Scienze di Parigi la notizia dell’invenzione di una macchina dinamo-elettrica attribuita al Gramme.
Da allora Pacinotti iniziò a rivendicare la priorità della sua invenzione: furono innumerevoli le occasioni in cui dovette ricordare e illustrare la paternità della macchinetta, ma sempre con la modestia e la nobiltà d’animo che lo caratterizzavano.

Antonio Pacinotti a Cagliari

A 32 anni Antonio Pacinotti venne nominato Professore ordinario di fisica sperimentale e Direttore del relativo gabinetto all’Università di Cagliari passando così dall’insegnamento scolastico a quello universitario. A Cagliari lo scienziato portò con sé la macchina a gomitolo iniziata a Bologna per poterne continuare la costruzione, ma fu fortemente ostacolato da “la mancanza completa o la insufficienza della maggior parte degli strumenti necessari ad un corso sperimentale di fisica” (Lettera inviata nel 1873 al Ministro della Pubblica Istruzione Antonio Scialoja). In una lettera indirizzata nel 1874 all’Ingegner Oreste Lattes aggiunge:

“Ora mi trovo alla Università di Cagliari così sprovvisto di mezzi che non vedo come poter realizzare il molto che manca alla incominciata costruzione”.

Per tale ragione lo scienziato chiese di esser sostituito da un supplente per poter tornare a Bologna e continuare a lavorare alla sua macchina a gomitolo. Tuttavia la richiesta non fu accolta e dovette rimanere nella città, abitando nel quartiere di Castello al secondo piano della casa d’angolo tra via Canelles n.32 e vico 3° Lamarmora. Malgrado la “insufficienza del Gabinetto della Reggia Università di Cagliari” Pacinotti riuscì a portare a termine la costruzione della macchina a gomitolo, sviluppo della precedente macchina ad anello, escogitando spesso espedienti per approvvigionarsi i materiali di cui necessitava.

“Non senza qualche perdita di tempo sono riuscito ad ottenere piegato ad U un nucleo di ferro di 17 Kg, e non volendo subire altre perdite di tempo per far venire qua – a Cagliari – il filo di rame occorrente alla costruzione della elettro-calamita, ho dovuto ricorrere alla gentilezza del sig. Direttore dei Telegrafi che mi ha prestato quanto poteva di più conveniente, un filo di rame scoperto di due millimetri di diametro. Solo dopo qualche tentativo son riuscito a collocare sulle branche della Elettrocalamita cinque Kg di quel filo scoperto in spire affatto isolate …”.

Pur tra tante difficoltà Pacinotti riuscì, grazie alla propria forza e inventiva, ad adattarsi ad un ambiente sociale e culturale non pronto a valorizzare l’importanza e le potenzialità delle sue ricerche.

Modello originale della macchina a gomitolo di Antonio Pacinotti (1874), appertenuto all’Università di Cagliari oggi si trova presso il Museo della Fondazione Galileo Galilei di Pisa.

Antonio Pacinotti nell’anno accademico 1874-75 rimase a Pisa dove continuò alcuni degli esperimenti iniziati a Cagliari e avviò la costruzione di un volano elettro-magnetico che sarebbe stato il nucleo principale della nuova macchina portata a compimento tre anni dopo.
Tornato a Cagliari nel 1875 riprese la costruzione della macchina con volano elettromagnetico che terminò nel 1878 con l’aiuto di Giuseppe Dessì, meccanico del Gabinetto di Fisica dell’Università di Cagliari e la collaborazione dell’officina Doglio. Si trattava della terza delle macchine da lui ideate, del peso di quasi 100 kg, capace di produrre una forte energia elettrica che poteva mantenere “rovente al rosso chiaro un filo di ferro del diametro di 6 decimi di millimetro e della lunghezza di 25 cm…”.
A Cagliari realizzò anche dei progetti per la costruzione di un osservatorio meteorologico da installare sulla Torre dell’Elefante, condusse ricerche sull’elettrostatica sul fenomeno della vaporizzazione e sulla permanenza dell’acqua ed altri liquidi e costruì un fotometro di Bunsen per l’ispezione dell’intensità dei fanali della Pubblica Amministrazione.
Nel Duomo di Cagliari, il 29 Aprile del 1882, celebrò le proprie nozze con Maria Grazia Sequi alla presenza dei testimoni prof. Giuseppe Missaghi di Piacenza e del cavaliere Faustino Cannas di Iglesias, rispettivamente Direttore dell’Istituto Chimico dell’Università di Cagliari e responsabile della Facoltà di Medicina. Dopo il viaggio di nozze Pacinotti si trasferì definitivamente a Pisa, abbandonando per sempre la città.

Cartolina storica che raffigura l’allora Officina Doglio a Cagliari.

Gli ultimi anni

Antonio Pacinotti a Pisa sostituì il padre nell’insegnamento di Fisica Tecnologica e divenne anche Direttore del relativo Gabinetto. Qui, nel vecchio laboratorio di via Santa Maria, portò avanti la sua attività accademica e scientifica con altre invenzioni come la Macchinetta elettro-dinamica traslatoria chiamata “Viale elettro-magnetico” del 1892. Nel 1879 fu nominato Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia dal re Umberto I, ottenne numerosi riconoscimenti scientifici, anche internazionali ed infine, nel 1905, fu nominato Senatore del Regno d’Italia.
Pacinotti morì il 25 Marzo del 1912 quando ormai gli era stata pienamente riconosciuta la sua gloria e gli furono tributate grandiose e solenni onoranze funebri.

“..se io qualche cosa ho fatto il merito è dell’epoca in cui ho vissuto, epoca nella quale ferveva il lavoro di tutta l’umanità, perché si sentiva universalmente il bisogno di perfezionare le embrionali macchine elettro-dinamiche. Io non ho fatto altro che seguire l’impulso che mi veniva dalle circostanze esterne, e costruii una modesta e piccola macchinetta, anzi un modellino, il quale, a parer mio, meglio di tutte le altre macchine congeneri che allora si conoscevano rispondesse al concetto di generare una corrente elettrica sensibilmente continua o fornisse un motore con coppia torcente uniforme. E’ dunque il lavoro del mondo tutto, di cui non fui che un semplice fattore, che ha dato questo prodotto che la vostra benevolenza a me attribuisce”.

(Antonio Pacinotti al Congresso Internazionale delle Applicazioni Elettriche di Torino, 1911)

L’immagine propone un confronto tra i due modelli originali della macchina elettromagnetica con sopraeccitatore di Pacinotti, il primo in basso a sinistra esposto nel Museo della Fondazione Galileo Galilei di Pisa ed il secondo a destra conservato presso l’Università di Cagliari, con il modello ricostruito da Carlo De Rubeis.